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RICORSO CDM A CORTE COSTITUZIONALE CONTRO PIANO CASA

Sbalchiero: “Miopia dei Sindaci e del Governo avrà conseguenze drammatiche per imprese e cittadini. Autolesionismo condannare un settore che in regione da lavoro a 110mila persone”.

“Il ricorso alla Corte Costituzionale da parte del Consiglio dei Ministri contro il Piano Casa del Veneto avrà conseguenze drammatiche per decine di migliaia di imprese edili artigiane, per i loro oltre centomila addetti e per tutti i cittadini. La miopia dei Sindaci è inconcepibile e autolesionista. Il settore delle costruzioni infatti, in particolare quello artigiano, è distribuito uniformemente su tutto il territorio e nessun Comune ne è esente. Con la loro ostinazione contro la norma, i Primi Cittadini rendono più precaria la vita di molti loro amministrati”. E’ furioso il Presidente della Confartigianato Imprese Veneto Giuseppe Sbalchiero per un atto che definisce “miope, di chiara politica e non tecnica e che rischia di far naufragare le amministrazioni sotto una miriade di ricorsi al TAR di cittadini che si considereranno danneggiati”.
“Tutta questa polemica –prosegue- ci riporta al 2009, anno in cui si è avviato il primo piano casa. Basta scorrere le rassegne stampa del tempo per trovare già allora immotivati gridi d’allarme da parte di sindaci, urbanisti, architetti e delle solite associazioni del “fronte del no”. Gli stessi che leggiamo oggi sui giornali e che sono dettati più da visioni ideologiche che da una vera conoscenza dei numeri in gioco e delle norme del provvedimento. Anzi spesso si leggono dichiarazioni del tipo “non conosco la norma nel dettaglio ma la legge non va bene”. Questo modo di fare è irricevibile –dichiara Sbalchiero- per il sistema di imprese che dal piano casa ha avuto un sostegno in una fase di difficoltà serissima per l’economia e l’edilizia e per le tante famiglie (circa 68.000) che in questi quattro anni hanno avuto modo di fare piccoli investimenti sulle proprie abitazioni, migliorando il proprio livello di benessere e senza alcun impatto ambientale. Anzi spesso investendo in efficienza energetica e demolendo e ricostruendo edifici obsoleti”.
“La verità, a distanza di quattro anni e ricordando che già il Piano casa 2 aveva ampliato le potenzialità della prima versione, -continua il Presidente- è che dal piano casa il Veneto non ha avuto nessuna “colata di cemento”, che non c’è stato nessun incremento di consumo di suolo e che al contrario il provvedimento ha messo in gioco circa 9 milioni di metri cubi di ampliamenti in quattro anni, in una regione che nello stesso periodo ha visto approvare dai comuni circa 40 milioni di metri cubi per permessi di costruire nel solo settore residenziale, come evidenziano i dati Istat. Un altro elemento da considerare è l’impatto minimo e trascurabile sul territorio. Oltre al fatto che, evidentemente e senza alcuna ombra di dubbio, il provvedimento non consuma suolo e dunque non contribuisce all’espansione edilizia e urbana, i dati complessivi riferiti alla distribuzione territoriale delle domande indica un impatto trascurabile anche in termini di “densità” degli interventi. Infatti il numero complessivo di domande, oggi è di circa 68.000, ha avuto un impatto di appena 3 pratiche per kmq, poco meno di 500 metri cubi per kmq, e costruendo sul costruito, senza occupare nuovo suolo. Ma ricordiamo che ha generato un mercato di 2,8 miliardi di euro in questi difficili anni di crisi”.
“Abbiamo evidenziato, nella fase di discussione della legge (e non dopo, a legge approvata), alcuni elementi che a nostro giudizio andavano rafforzati, dalla necessità di introdurre un ridisegno complessivo delle aree urbane degradate all’attenzione al ruolo degli spazi pubblici, fino al tema della complementarità con le altre norme che hanno rilevanza edilizia, dalla nuova legge in discussione sul consumo di suolo a quelle relative al commercio, al turismo e al PTRC. In questo senso –conclude Sbalchiero- abbiamo chiesto all’Assessore Zorzato ed alla Regione, una specifica attenzione sulla costruzione di un sistema di norme ben integrate che siano in grado di vincolare e orientare la riqualificazione urbana verso un recupero pieno della città, dei luoghi e delle opportunità di sviluppo a livello locale per il sistema di piccole aziende, commerciali e artigiane, che orienti il rinnovo urbano e la rivitalizzazione economica in modo coerente con le dinamiche oggi necessarie a riqualificare i centri urbani degradati. Noi non siamo d’accordo con il “partito del no a posteriori”. Anzi siamo convinti che lo sforzo vero da fare è avviare in tutti i comuni del Veneto la presenza di quanto previsto dalla legge in tema di Sportello Unico per l’Edilizia, per semplificare e velocizzare iter burocratici lunghi e farraginosi, oggi estremamente vessatori per imprese e committenti”.