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PER FAVORIRE IL LAVORO BISOGNA “LIBERARE” LE AZIENDE

di Agostino Bonomo
presidente di Confartigianato Vicenza

Non passa giorno senza sentir parlare del lavoro come leva fondamentale per la ripresa del nostro paese. Tesi ineccepibile, che però viene espressa senza citare il necessario corollario, e cioè che sono le imprese a creare il lavoro. Quindi, per sostenere il lavoro vanno sostenute le imprese.
In quale modo? Semplice: aiutandole a fare il loro mestiere, specie in una fase in cui ogni energia sottratta dall’attività economica, alla produzione, alla competitività sul mercato, rischia di comprometterne il presente e il futuro.
Penso sia chiaro a cosa mi riferisco: a quella enorme mole di elementi che ogni giorno, direi ogni ora, distolgono, frenano, distraggono, impantanano l’azienda rispetto al suo “core business”.  Tutto questo ha un nome – burocrazia – e, pur evocando la mostruosa figura di Cerbero, non ha alcuna nobiltà mitologica, ma possiede spesso una banale, irritante, frustrante realtà fatta di carte, richieste, domande, permessi, certificati. La gran parte inutili e superflui, buona parte semplificabili, frutto di leggi e normative andatesi via via incrostandosi sempre di più, aggrovigliandosi in una selva di articoli e di commi. E senza che, nel frattempo, si sia minimamente imparato a fare meglio: anche le cronache recenti sono piene di provvedimenti variati decine di volte cammin facendo, magari annullati all’ultimo momento dopo che tutti avevano dovuto correre come pazzi per adempierli, per non parlare delle paradossali decisioni con effetto retroattivo, o di “rimedi” dimostratisi peggiori del male.
Mi chiedo: è un paese “moderno” quello che ti obbliga a sostenere corsi di formazione palesemente inutili? Quello che ti fa attendere sei mesi per un allacciamento elettrico, o per cambiare un contatore del gas? Quello che pretende il pagamento di acconti fiscali al buio e decisi su base teorica, mentre nessuna azienda può oggi sapere come andrà domani? E poiché nessuna azienda può sapere se il portafoglio-ordini che ha oggi lo avrà anche domani, ha bisogno pure di norme occupazionali flessibili e gestibili, per esempio nella successione tra un contratto a termine e l’altro, oggi gravata da vincoli temporali assurdi. Oppure, se è vero, com’è vero, che l’apprendistato è importante, allora rendiamolo semplice, incentiviamolo. Il nuovo ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha assicurato interventi proprio su queste due materie: prima arriveranno, meglio sarà.
Perché se il sistema Italia non rivede se stesso, il lavoro diminuirà, non aumenterà. O magari andrà a ingrossare le fila dell’abusivismo, di quel “nero” in cui si sono rifugiati quegli ex imprenditori che non ce l’hanno più fatta e che, chiusa bottega, una volta a casa non se ne sono stati certo con le mani in mano e hanno cominciato a offrire prestazioni “fuorilegge” sì, ma a prezzi allettanti per clienti senza troppi scrupoli, e addio concorrenza leale.
Infine, non va dimenticato che il contesto attuale, se è arduo da affrontare per chiunque sia titolare di un’azienda, di certo non incoraggia i giovani ad avviarsi verso l’attività imprenditoriale, ne soffoca la legittima aspirazione a far fruttare il talento, a diventare i protagonisti di un futuro che, rimanendo così le cose, appare francamente arduo da delineare.

P.S. Oltre alle imprese, anche lo Stato dà lavoro: non potrebbe impiegare parte della sua pletorica amministrazione nella sburocratizzazione di se stessa?