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Intelligenza Artificiale: cosa cambia nel lavoro umano?

Siamo in un periodo “caldissimo”, e non solo a causa dell’estate inoltrata. Il calore arriva infatti da un’ondata di innovazione che condiziona tutto il mondo.

Ed è ancora e solo il primo stadio di un viaggio che ci porterà, non si sa ancora esattamente con quale astronave, verso un futuro in cui persone e macchine condivideranno percorsi professionali, collaboreranno nei flussi creativi e produttivi, “vivranno” uno accanto all’altro. Si parla, ovviamente, dell’AI, l’Intelligenza Artificiale. E allora dobbiamo capire come usare questo periodo di “gestazione” del nuovo corso per imbastire un futuro costruttivo, positivo e forse entusiasmante: permettere alle persone di concentrare la propria intelligenza (umana) su quello che davvero conta, e conterà sempre di più

Ma cosa dovremo lasciare alle macchine dal punto di vista professionale? In cosa, in ogni processo produttivo, d’ora in avanti non avrà più senso investire in termini di competenze?

Possiamo provare a definire alcune aree critiche:

  1. Tutto quello che è automatizzabile verrà sostituito da sistemi AI;
  2. Tutto quello che ha un approccio puramente logico e prettamente funzionale avrà sempre meno bisogno di intervento umano attivo;
  3. Tutto quello che è già stato fatto (pensato, prodotto, idealizzato) in passato e che ora “le macchine” conoscono, lo possono replicare facilmente;
  4. Tutto quello che oggi sono le attività che si lasciano a uno stagista o alle persone meno esperte di un team o d’una azienda, sarà facilmente gestito da sistemi di AI.

Ma cosa, invece, ha senso invece rafforzare, dal lato “umano” per poter non perdere posizioni, anzi per guadagnarle anche in questo futuro così incerto e così drammaticamente in competizione rispetto a una “concorrenza” che non ci aspettavamo? 

Ovviamente, sarebbe semplice dire: tutto il contrario delle tematiche che abbiamo descritto come già assorbite, ma descriviamo meglio i concetti, perché ovviamente sono concetti importanti da analizzare.

  1. Ai professionisti del futuro (e del presente) si chiederà flessibilità, capacità di affrontare i progetti e i problemi con originalità, con grande capacità di trovare nuovi approcci e nuove strade;
  2. La creatività fornita dai nuovi professionisti “umani” dovrà essere in grado di identificare nuovi linguaggi, nuove idee, nuovi percorsi, quindi più che una specializzazione tecnica (la quale, comunque, avrà sempre spazio se davvero specifica ed esclusiva) servirà avere cultura ed essere capaci di uscire dagli schemi prestabiliti, e ancor di più da preconcetti e stereotipi, che già saranno presenti (e creeranno danni) nei contenuti con i quali saranno state allenate le AI;
  3. La più grande sfida riguarda, a nostro giudizio (e non solo perché è il nostro campo di attività professionale primaria), la formazione, perché si rischia di avere nuove generazioni di professionisti impreparati ai ruoli che, pur da giovani, e quindi senza ancora quella esperienza che potrà fare la differenza rispetto alle AI, potranno occupare. Serve un impegno da parte delle scuole, degli Istituti professionali, delle Università di modellare i corsi per portare gli studenti a sviluppare il pensiero prima ancora delle operatività pratiche. E quindi servirà una formazione per i formatori, prima di ogni altra cosa, prima di ogni altra urgenza.

CHI È LUCA PIANIGIANI
Docente universitario nel campo dell’innovazione digitale, giornalista ed editore, esperto di comunicazione e strategia.

Ecco i suoi interventi nell’ambito di “Radar, traiettorie digitali”, progetto per i professionisti della comunicazione promosso dalla Federazione Comunicazione di Confartigianato Imprese Veneto in collaborazione con le associazioni provinciali.

Treviso (25 maggio) sull’intelligenza artificiale

Vicenza (6 luglio) sulla “Digital Economy”