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DALLA ASSEMBLEA UNITARIA TAXI UN MESSAGGIO ALLA POLITICA: “VALORIZZARE L’ESPERIENZA VENETA E NON MORTIFICARLA CON AUTHORITY LONTANE”

Dimenticate Roma. Dimenticate i raduni al Circo Massimo e la protesta urlata e un po’ sguaiata dei tassisti romani. Per le associazioni di categoria di Confartigianato e Cna regionali, riunitesi assieme sabato scorso a Vicenza per affrontare il tema delle liberalizzazioni, il futuro non passa per l’Urbe. La secessione non c’entra, sebbene qualche disposizione del decreto legge “montiano” prossimo a diventare provvedimento legislativo, preoccupi ai confini dell’indignazione. La capitale è lontana, la geografia non c’entra, e che si tratti di una giornata diversa lo confermano i prodromi. Intervenuta per portare solidarietà e sostegno, Maria Teresa Faresin, presidente provinciale e regionale degli autotrasportatori di Confartigianato, attacca: «Non sono le liberalizzazioni a spaventarci ma l’assenza dei rappresentanti politici, ed il potere di dirigenti strapagati che anche ieri, a fronte di zero centimetri di neve sulla Padova-Bologna, hanno deciso di chiudere l’autostrada». Niente blocchi, ci vuole responsabilità. La stessa che i responsabili delle due sigle Alessandro Nordio e Giorgio Bee chiedono al Governo. Perché il nocciolo della questione non sta nel numero delle licenze ma in quella Authority che così come concepita nel decreto governativo sottrarrebbe potere ai sindaci trasferendolo ad un organismo centrale avulso dal contesto territoriale. Mettendo a rischio conquiste che si chiamano taxi rosa e argento, numero unico, tariffe convenzionate. E qualità del servizio: «Non più tardi di due mesi fa – ricorda il presidente di Radio Taxi berico Stefano Faresin – l’assessore alla mobilità Claudio Cicero ci ha chiamato per parlarci di trasporto pubblico urbano, di diventare partner per coprire alcuni percorsi. Del resto qualche anno fa avevamo lanciato un progetto analogo chiamato Buxi. Il tavolo a Vicenza è sempre stato aperto proprio perché il dialogo con il territorio non è mai venuto meno. Riguardo le licenze, possiamo sopportarne un altro 10 per cento in più (4 massimo 5), perché 42 tassisti sono già un buon numero per Vicenza». Ma che succederà se ai primi cittadini si sostituirà un riferimento centrale? Pur distinguendosi dalla protesta romana e napoletana, il Veneto è pronto a dar battaglia. «Siamo ottimisti ma non si può buttare quanto fatto» All’assemblea ha preso parte il sen. Paolo Giaretta. Riportiamo uno stralcio del suo articolato intervento Forse la parola liberalizzazioni è una parola non del tutto adeguata. Del resto, il decreto che stiamo discutendo si chiama: disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività. La Politica può fare buone o cattive liberalizzazioni. Quelle buone si pongono dalla parte del consumatore affinché possa avere più scelta, migliori servizi ad un prezzo inferiore.

Come? Offrendo una apertura di mercati protetti, di aree di monopolio, di ingiustificata esclusiva; guardando alla vitalità delle aziende, offrendo nuovi mercati e nuove opportunità di lavoro; muovendosi con equilibrio, agendo sulle diverse parti delle filiere produttive e delle aree commerciali. E non sempre, e arriviamo alla questione dei taxi, possiamo dire che questo equilibrio sia sufficiente. In materia ad esempio, è difficile fare passi avanti significativi nella concorrenza e nella valutazione delle tariffe se non si opera anche sul fronte della distribuzione dei carburanti (gasolio più caro) e delle assicurazioni perché questi sono costi che si riversano in modo diretto sul servizio taxi. Sulla vicenda taxi spesso ci si concentra su un solo fattore: il numero delle licenze. Tuttavia il soddisfacimento del cliente non è legato solo a questo. Ha a che fare con due elementi:le politiche del trasporto locale che mettono in campo le Amministrazioni comunali e la capacità organizzativa dei tassisti. Spesso chi scrive sui mass media di taxi conosce il solo pessimo servizio della capitale. Ma non tutta l’Italia è Roma e sbaglia chi fa di tutta l’erba un fascio. E anche nella capitale molti malfunzionamenti non dipendono dal numero delle licenze, ma dall’incapacità di chi la governa e dall’arretratezza della categoria. Qualche esempio: troppi accessi ingiustificati al centro storico, il mancato rispetto delle corsie riservate, ritardano e peggiorano il servizio di trasporto pubblico. Ed ancora, in Veneto grazie a RadioTaxi Veneto, si può avere un taxi utilizzando un unico numero oppure chiamarlo con un sms. A Roma ci sono un numero spropositato di centrali taxi, in nessun modo coordinate tra di loro, con grave incomodo del cliente ed inefficienze del servizio. Alla Stazione Termini anche in presenza di diverse decine di vetture i clienti fanno file piuttosto lunghe, per l’incapacità di organizzare in modo efficiente la presa del passeggero. La verità è che con la legge Bersani le amministrazioni che hanno voluto operare ed hanno saputo
sfruttare la capacità innovativa delle categorie sono riusciti ad arrivare a risultati molto significativi. La realtà veneta ne è una dimostrazione concreta, sviluppando servizi che hanno allargato il mercato: le navette per gli aeroporti, il taxi rosa per le donne, il trasporto per i disabili, ecc. Oltre ad un uso intenso delle tecnologie ottimizzando i costi ed il servizio. Ora il Governo, per aggirare l’immobilismo di Roma e di qualche altra città ha messo in campo una proposta veramente di difficile attuazione: definire il numero delle licenze per le diverse città da parte di una Authority nazionale dei trasporti. Di difficile attuazione perché è ben difficile che una struttura centrale possa essere in grado di valutare centinaia di situazioni differenziate, in cui entrano in campo una molteplicità di fattori. Ma soprattutto è sbagliato espropriare i comuni di uno degli elementi importanti nella programmazione del funzionamento del sistema di trasporto pubblico, di cui i taxi fanno parte e sempre più dovranno fare parte. E privare i comuni anche di una contrattazione con la categorie, definendo obiettivi comuni e impegni comuni. Per questo il PD ha fatto una proposta che riteniamo più equilibrata ed in grado di affrontare anche il tema dei comuni renitenti. E’ una proposta ripresa anche dalla sen. Bonfrisco del PDL, con cui ho più volte collaborato sul tema taxi. Ed è una proposta che è scaturita dal confronto con i rappresentanti veneti della categoria, che si sono mossi a Roma con grande intelligenza. Proponiamo perciò che all’Authority venga assegnato un compito di analisi e monitoraggio della situazione del servizio nelle diverse aree urbane, con la potestà di fare segnalazioni ai comuni, nel caso venissero rilevate deficienze del servizio rispetto a parametri europei e nazionali. I Comuni e le Regioni restano i titolari delle funzioni di regolazione del servizio, con la possibilità dell’Authority di intervenire in via sostitutiva quando vi sia la latitanza dei livelli di governo locali. Nei 2400 emendamenti presentati in Parlamento sul decreto liberalizzazioni ve ne sono certamente molti che vanno nella direzione di proteggere corporazioni, stati di fatto. Ma ce ne sono altri che migliorano le proposte del governo. Questo è certamente uno di questi e lavoreremo perché il Governo ne comprenda le ragioni. Per avere strumenti per combattere le chiusure ed i ritardi di una parte dei tassisti, ma per valorizzare quella parte che invece si è rimboccata le maniche per affrontare le sfide dell’innovazione.