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Al lavoro per il lavoro: tra gap demografico, scuola e immigrazione

Il “cercasi” delle aziende non può e non deve rimanere inascoltato. Come? Con l’impegno di tutti

Il fabbisogno occupazionale segnalato dalle imprese vicentine anche per il primo quadrimestre di quest’anno, come rilevato dai recenti rapporti Excelsior Unioncamere, è di migliaia di posti di lavoro. Un’offerta che, purtroppo, fatica a trovare risposta in oltre il 50% dei casi. E ciò avviene in vari settori. Come cittadini, ci preoccupa sapere delle carenze d’organici riscontrabili in settori fondamentali della società quali la sanità (medici e infermieri) o l’istruzione (insegnanti). Ma il mondo produttivo, quello delle aziende che tiene a galla l’economia, non se la passa meglio. Chiede tecnici di varia natura a partire da quelli informatici, chiede metalmeccanici, elettromeccanici, impiegati amministrativi, autotrasportatori, autoriparatori, cuochi, personale della ristorazione, elettricisti, edili, idraulici. Chiede, offre contratti interessanti, ma raramente trova ciò che cerca, specie se si parla di personale specializzato. Per un insieme di cause che bisogna assolutamente fronteggiare.

Come ha recentemente sottolineato Marco Granelli, presidente nazionale di Confartigianato, “la difficoltà delle nostre imprese a reperire personale è la conseguenza di una molteplicità di fattori: dalla crisi demografica al ‘gap’ tra scuola e mondo del lavoro, dalla rivoluzione digitale fino alle nuove aspettative e propensioni, soprattutto dei giovani, nei confronti del lavoro. Per questo, la carenza di manodopera va affrontata con un approccio sistemico e coordinato – anche di tipo culturale – degli interventi di politica economica e delle misure per riattivare gli inserimenti. Nell’artigianato è notevole l’impegno a investire su una contrattazione collettiva di qualità che, con l’obiettivo di fidelizzare i lavoratori alle imprese, prevede anche importanti tutele di welfare bilaterale”.

In sostanza, serve (anzi: urge) che tutti facciano un passo in avanti per ribaltare una situazione assai rischiosa, specie se vista in prospettiva futura.

In primo luogo, è nella scuola che va incentivato ogni possibile sforzo per fornire ai giovani una preparazione più in linea con le caratteristiche attuali del mondo del lavoro. Insistendo, per esempio, nella diffusione degli ITS, quegli Istituti Tecnici Superiori post-diploma che formano e sfornano ragazze e ragazzi destinati per l’80%-90% a trovare lavoro entro un anno, proprio perché avranno acquisito competenze tarate sulle esigenze del mondo imprenditoriale. 

Se attraverso gli studi precedenti essi hanno infatti assimilato quella cultura di base che è e resta imprescindibile nella formazione di ogni individuo, negli ITS essi possono perfezionarsi in un ambiente che rivolge attenzione a quanto accade “fuori” dalle mura scolastiche, possono toccare con mano cos’è un’azienda oggi, con esperienze dirette, concrete: occasioni preziose, specie se attuate in un territorio ad alta intensità e capillarità produttiva come il nostro. E i risultati si vedono.

Ecco perché anche le imprese sono chiamate ad “aprirsi” sempre più ai rapporti con le scuole, rendendosi disponibili a occasioni d’incontro e apprendimento sul campo che hanno sempre risvolti positivi, come dimostra la lunga tradizione maturata in tal senso dalla Confartigianato vicentina nelle sue iniziative di orientamento.

Anche perché, è proprio avvicinando reciprocamente le aziende e gli studenti che questi ultimi possono scoprire quanto la realtà del lavoro sia diversa da certi stereotipi obsoleti ma purtroppo ancor oggi diffusi, specie quando si parla di piccole imprese. Che sono invece realtà “giovani” e dinamiche, aggiornatissime, snelle, gratificanti, nelle quali il fattore umano è sempre importante, perché ci si guarda in faccia, si collabora gomito a gomito. 

È importante che i ragazzi lo capiscano, e che lo capiscano i loro genitori, le famiglie. 

Così come serve che le nuove generazioni, spesso abbagliate da inutili “influencer” alla moda o da altri personaggi che sul web trasmettono il falso messaggio del successo facile, riscoprano invece valori forti e intramontabili quali l’impegno personale, la tenacia, la voglia di mettersi alla prova, la concretezza, il senso di responsabilità, la fiducia nel domani.

L’altro anello della catena è quello delle istituzioni, alle quali spetta sempre più il compito di delineare e attuare migliori politiche per ridurre la distanza tra il lavoro che c’è e chi non lo coglie.

Istruzione professionale, Alternanza Scuola-Lavoro, Apprendistato, Contrattazione, lotta all’abusivismo e allo sfruttamento, sono tutti campi in cui si può e si deve fare meglio a livello normativo, a cominciare da certe prassi burocratiche oggettivamente inutili, se non dannose.  

Per trovare personale nel 2022 le imprese in Italia hanno impiegato in media 3,3 mesi, ma i tempi si sono allungati a 4,7 mesi per gli specializzati: per 96.350 di queste figure professionali qualificate, occorre oltre 1 anno di ricerca. E non è detto che tale ricerca vada a buon fine.

C’è pure la questione della crisi demografica, altro fenomeno diffuso sul territorio nazionale: anche a Vicenza si registra un tasso di crescita della popolazione negativo (-2,1 per mille nel 2021), pur se dimezzato rispetto alla media nazionale (-4,3 per mille). Il processo di invecchiamento è sintetizzato da un’età media della popolazione della provincia di Vicenza che è passata da 41 anni del 2002 ai 45,7 anni del 2022, con un aumento di 4,7 anni; e la quota dei 65enni (e oltre) è passata dal 16,8% del 2002 al 22,8% del 2022, 6 punti in più nel ventennio: al 1° gennaio 2022, la popolazione anziana era salita a 194.503 unità. L’analisi delle previsioni demografiche dell’Istat indica che in dieci anni (2021-2031) in provincia di Vicenza la popolazione diminuirà di 13mila unità (-1,5%), combinazione di un aumento di 41mila unità (+21,5%) degli anziani (con 65 anni e oltre) a fronte del calo di 54mila unità (-8,2%) della popolazione fino a 64 anni. Con tutte le conseguenze del caso in termini sociali, vedi il pagamento delle pensioni.

L’ingresso di nuovi lavoratori immigrati (e relative famiglie) può parzialmente contribuire a un miglioramento della situazione, come già avvenuto, ma la questione di fondo resta: è questo nostro territorio che deve (ri)trovare, prima di tutto dentro di sé e in ogni fascia d’età, nei suoi apparati pubblici e nella sfera privata, la forza per assicurarsi un domani.



Hanno collaborato a questo numero:
Alberto Bordignon, Chiara Bordon, Chiara Carradore, Nicola Carrarini, Andrea Cichellero, Sara Ferretti, Sabrina Nicoli, Maurizio Petris, Enrico Quintavalle, Isabella Sasso, Andrea Saviane, Maria Cristina Soster, Valentino Varotto.

Direttore responsabile: Antonio Stefani
In redazione: Valentina Celsan, Stefano Rossi
Contributi multimedia: Corrado Graziano, Davide Samadello, Federica Vencato
Coordinamento editoriale: Stefano Baroni


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