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Zanca: nei giovani di oggi un nuovo senso del lavoro

La “new entry” dedizione della Scuola per Genitori 2023 è stato Lucio Zanca: manager, consulente, docente, saggista, ma soprattutto “career mentor”.

Ovvero una figura che supporta giovani e giovanissimi nell’individuare il proprio percorso verso il mondo del lavoro: ciò che Zanca farà anche a Vicenza per gli studenti delle classi quarte e quinte delle scuole superiori, all’interno degli appuntamenti de “Il talento porta lontano”, con Spoilerbox. Proprio dalla sua quotidiana esperienza con i ragazzi, Zanca ha preso spunto per fornire alcuni utili suggerimenti ai genitori in tema di orientamento scolastico e post diploma.

IL SUO INTERVENTO
Sunto della serata del 24 ottobre 2023

Per i figli tutti i genitori cercano orizzonti e segnali di speranza. Lungo il mio percorso professionale ho incontrato molti ragazzi e ho scoperto che avevo a che fare con una generazione meravigliosa, ma ho anche scoperto che molti di loro sono ‘bloccati’ dai nostri pregiudizi su di loro, dl modo in cui li descriviamo. I giovani sono molti interessanti e hanno una loro idea del lavoro ed è qui il nocciolo: pochi conoscono realmente il mondo del lavoro. Ciò premesso, ci sono dei ‘momenti decisivi’ ma non fondamentali, quindi i genitori possono calmarsi, nella tappa di avvicinamento dei ragazzi al loro futuro. Là fuori, come si dice spesso, è una giungla ed è vero perché viviamo un mondo difficilissimo e questo non possiamo nasconderlo come non possiamo nascondere il fatto che quando entreranno a far parte di quel mondo i giovani si troveranno davanti colleghi e imprenditori già avanti con l’età e quindi con un diverso modo di vedere le cose. Nella giungla quindi c’è di tutto ma se la si affronta preparati fa meno paura e diventa una bella avventura.

Partiamo da due semplici domande:
Cosa ti preoccupa di più del futuro di tuo figlio?
Cosa ti auguri per tuo figlio?
I genitori per i ragazzi spesso sono una ‘profezia auto avverante’, trasformano le preoccupazioni in fatti. Primo passo: sì preoccuparsi, sì individuare il problema, ma poi andare avanti e passare dalla preoccupazione all’occupazione, ad occuparsi del problema per risolverlo. Se sono i genitori i primi a credere che il figlio non ce la faccia cosa pensiamo che possa fare quel ragazzo?
Certo non mancheranno i momenti difficili ma è anche normale. Il primo di questi momenti sono le scuole superiori dove la responsabilità di studio e programmazione non è più di mamma e papà ma dello studente. La domanda giusta perciò è: come posso affiancarlo affinché diventi indipendente? Noi genitori siamo apprendisti di un mestiere che possono insegnarci solo i nostri figli. Loro, infatti, ci mandano segnali, messaggi, a noi il compito di decodificarli ma non solo con i nostri schemi. Quindi primo punto: i nostri schemi, le nostre convinzioni non sono le loro, i ragazzi hanno altri punti di riferimento. Nel percorso verso il futuro che attende i nostri figli è importanti mettersi al loro fianco, ascoltare, osservare e poi dare un parere, che non è un giudizio

Il momento cruciale è tra i 18 e 24 anni. Non si abbia fretta perciò a preoccuparsi del futuro lavorativo, alle medie si pensa a divertirsi e poi magari allo studio.. lo abbiamo fatto tutti. Di solito al lavoro ci si pensa quando si è all’università ed è qui che si può aiutare i ragazzi.
Il problema a quel punto è dobbiamo essere istruttori di volo perché si librino alti e invece tendiamo a farli volare bassi, invece tutti i ragazzi sognano com’è giusto, anche quelli che sono sdraiati sul divano e che magari sono terrorizzati dall’affrontare il mondo del lavoro a causa dei messaggi che gli adulti stessi lanciano su questo fronte e sul loro futuro. Perché, diciamolo, i messaggi degli adulti sul futuro spesso tolgono la speranza, generano paura. Allora accade che molte aziende restino ad aspettare quei ragazzi, senza sapere come fare ad ‘agganciarli’, mentre la voglia di fare dei ragazzi resta bloccata dalla paura. Certo c’è chi con la paura fa a pugni e la supera, ma per lo più la paura porta al blocco o alla fuga. 

I giovani di oggi sono diversi da noi, prendiamone atto e cerchiamo di conoscerli per accompagnarli nella maniera giusta lungo il loro percorso. Invece gli adulti danno spesso per scontato che quello che pensano loro sia per forza la cosa giusta. Il problema vero comunque non è tanto il giudizio ma ‘Cosa è importante per te?’ Questa è la domanda giusta da cui prende il via tutto. E poi ‘Ok bello che passi il tempo a fare le cose che ti interessano ma bisogna aggiungere altro per andare avanti. Se mettiamo al centro loro e il loro ascolto questi ragazzi ci possono davvero fornire indicazioni sul mondo di oggi, su come lo vivono, sulle loro speranze, e quindi possiamo aiutarli.
Cosa ti interessa oggi e come ti vedi nel prossimo futuro?’ Altra domanda importante per focalizzare il proprio percorso, il proprio progetto al quale gli adulti possono così contribuire.
Apro una parentesi: si dice che i giovani oggi più che lauti guadagni, come cercavano i loro genitori, siano interessanti all’equilibrio tra lavoro e vita privata. Mettono i loro bisogni al primo posto. Perché non hanno voglia di fare? No, perché hanno sentito per anni i genitori lamentarsi di ‘quanto tempo’ stanno al lavoro, di quanto poco tempo hanno per la famiglia e per fare altro. E di questo cambio di prospettiva, si voglia o meno, le aziende devono tener conto.

Altro tema la motivazione, parola composta da motivo e azione. Di cerco le motivazioni degli adulti non sono quelle dei ragazzi, la motivazione è personale purché minimamento realistica. Abituiamo quindi i giovani a ragionare ma non togliamoli la speranza, che oggi l’unica fonte di motivazione.  Molti ragazzi hanno paura di chiedere aiuto, anche ai colleghi più grandi, anche quando si accorgono dello scollamento tra ciò che hanno studiato e la pratica quotidiana. Hanno paura perché non vogliono passare per impreparati, per deboli. Questa difficoltà a connettersi con gli altri e a mettersi in gioco è una tendenza degli ultimi anni.
Tanti giovani vorrebbero spiccare il volo ma sono sottoposti a un paragone continuo con chi ha più anni di loro, o con coetanei con percorsi diversi. Accade sin da quando sono a scuola: si paragonano i voti ma mai il processo che sottende a quei voti per capire cosa si è fatto bene, cosa no e come migliorare, a trovare una soluzione. 

Un passaggio importante sono le scuole superiori: lì i ragazzi devono imparare a organizzarsi, a organizzare il proprio tempo di studio e tempo libero. E dove non arrivano, se non ci sono problemi seri, è una questione di impegno e di voglia di fare. C’è poi l’aspetto della sfida: facile andare bene dove le cose vengono bene, è dove la cosa si fa più difficile che si vede di che stoffa sei fatto. Un passo alla volta devono imparare a fare da soli: a riconoscere i propri limiti e superarli. Tutto questo è un’ottima palestra in vista del lavoro, le buone abitudini quelle corrette si acquisiscono qui. Le competenze, le responsabilità, la capacità di fare domande e dare risposte parte da qui.
Ricordiamo poi che il voto rimano comunque un’esperienza, tutti ci siamo passati e tutti passano per un voto, e questo vuol anche dire che non a tutti riesce bene tutto.
Ciò premesso, la scuola superiore è importante ma non decisiva per il futuro. Tra i 13 e i 18 anni sono importanti le sfide e oggi più che mai le esperienze che si possono fare. E qui bisogna tener alta l’attenzione alle frequentazioni perché, diceva mio nonno “se vai a pranzo con persone di qualità sono buone anche le briciole”, quindi bene le persone che possono arricchire e non distruggere. Le buone abitudini non si raccontano si acquisiscono.

Tra i 17 e 25 anni è il periodo in cui si va proprio verso il lavoro. Qui i ragazzi sono ‘soli’ nel senso che non hanno più nemmeno come riferimento quotidiano il gruppo classe perché all’università è tutto diverso, così come è diverso il rapporto con gli altri se invece intraprendono la strada del lavoro. La scelta dell’università è quella più importante peccato che nel nostro Paese la si vita ‘alternativa’ ad altre esperienze quando invece si può studiare e lavorare, ci sono gli ITS, o altri percorsi per acquisire competenze specifiche. 

In conclusione: va capito qual è box del ragazzo, cosa ha ‘accumulato’ fin lì in termini di esperienze e competenze, consapevoli che ognuno ha il suo box che è unico è mai, mai identico a quello di altri. Per cui bando ai paragoni e largo invece a prendere, questo sì, ispirazione dagli altri. È in questo momento della vita che la scelta è importante e spesso i giovani sono indecisi per bassa autostima perché nel loro percorso li abbiamo forse troppe volte sostituiti piuttosto che affiancati.