Skip to main content







Sui lavoratori stranieri serve agire con realismo

“Inverno demografico” sempre più rigido con progressivo aumento degli over 65. Quote importanti di lavoratori che si avvicinano alla pensione e turnover difficile. Aziende in ripresa che cercano profili professionali e competenze che mancano…

E poi politiche a sostegno della famiglia, del lavoro femminile e delle imprese ancora poco incisive e, forse, senza una visione a lungo termine che rendono il nostro Paese poco attrattivo per arrivare o per restarci: è questa la situazione dell’Italia che emerge dalle analisi, ricerche, elaborazioni, diffuse in questi ultimi due mesi. In Confartigianato, la convinzione è che la questione vada affrontata
nel suo complesso e con l’apporto di tutte le parti coinvolte, perché si tratta di una situazione strutturale che ci accompagnerà per molto tempo e sulla quale s’innesta il delicato tema del rivolgersi ad altre realtà – gli arrivi esteri – per trovare il personale necessario alle imprese.

LE RIFLESSIONI

La congiuntura

“Ci troviamo davanti a una matassa di cui bisogna trovare il bandolo, o meglio i bandoli, lavorando su più fronti ma in maniera coordinata, altrimenti il rischio è uno spreco di tempo e risorse e nessun risultato – commenta Gianluca Cavion, presidente di Confartigianato Imprese Vicenza-. Ora, la prima emergenza è quella di trovare lavoratori: ne mancano in ogni settore e per tante qualifiche. E non si tratta di un problema contingente, legato a luoghi o stagionalità, ma di natura strutturale, e proprio per questo anche il mondo dell’artigianato valuta l’ipotesi di guardare oltre confine per trovare personale. Questo comporta la necessità di agire con politiche adeguate che debbono tener conto della voce di tutto mondo produttivo. Vanno poi organizzati strumenti di inserimento socioculturale delle persone, e loro famiglie, che arrivano nel nostro Paese. Dev’essere ben chiaro, infatti, che senza personale l’economia s’inceppa, con ricadute sull’intero sistema Italia; ma mancanza di manodopera significa anche – altro tema – insostenibilità del sistema pensionistico e minori entrate per le casse dello Stato, quindi difficoltà oggettiva a intervenire con politiche adeguate”. Al proposito, ricorda Cavion, “Confartigianato è sempre stata attenta alle problematiche legate all’immigrazione, con servizi di supporto alle imprese e ai lavoratori stranieri. L’accesso al lavoro rappresenta un elemento cruciale di corretta integrazione e responsabilizzazione delle persone”. 

I servizi

Gli uffici di Confartigianato gestiscono il servizio di rinnovo permessi di soggiorno (circa 600 pratiche all’anno) e aiutano imprese e lavoratori nei rapporti con la Questura per gli adempimenti amministrativi. Non solo: negli scorsi anni, in collaborazione con la Camera di Commercio e con le altre associazioni datoriali, Confartigianato ha attivato servizi per l’evasione delle pratiche sui rinnovi dei titoli di soggiorno, mentre con le associazioni “no profit” e del terzo settore si è lavorato nell’ambito dell’accoglienza. Il criterio di fondo è stato sempre quello di favorire l’inserimento nel mercato del lavoro e la preparazione professionale di chi arriva in Italia. I servizi proposti da Confartigianato, poi, garantiscono il supporto agli imprenditori per la gestione dei flussi regolari di ingresso dall’estero per soddisfare un bisogno di personale che nel tempo è diventato sempre più importante e sempre più decisivo per le imprese. È stato messo a punto un apposito servizio per il disbrigo delle domande di ingresso dall’estero, con particolare attenzione per le specifiche procedure di richiesta di personale altamente qualificato, così come per il riconoscimento dei titoli di studio o delle qualifiche professionali conseguite nei Paesi di partenza.

Politiche e problematiche

Sempre secondo Cavion, “il tema dell’immigrazione è strutturale e complessivo. Nel corso degli anni, almeno gli ultimi venti, il fenomeno ha messo a dura prova le capacità di accoglienza e di gestione di tale fenomeno, ha impegnato le istituzioni e la società civile nell’organizzare strumenti di integrazione, ha sollecitato disposizioni normative che spesso si sono dovute riaggiustare in base ad una situazione in evoluzione”. 

“Stiamo parlando – conclude il presidente – di un argomento che non si risolve con ‘uscite ad effetto’, ma che va affrontato valutandone l’impatto sotto molti e diversi aspetti. È chiaro che ognuno deve fare la propria parte, mosso dagli stessi obiettivi e superando visioni limitate da interessi di parte, per permettere ai cittadini di vivere con maturità questo tema, agli stranieri di capire come meglio inserirsi, quali siano le regole da vivere e da rispettare a vantaggio di tutti, nonché alle imprese di fornire possibilità di lavoro e di integrazione. Si tratta di avviare un cambiamento e un processo che possa aiutare tutti a governare un fenomeno che, dati alla mano, ci impegnerà per molto tempo”.