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Reddito di cittadinanza meno “comodo”? Era ora

di Gianluca Cavion presidente Confartigianato Vicenza

Quante volte abbiamo detto, chiaro e tondo, che l’ambiente burocratico in cui si trovano a operare le nostre piccole imprese non è certo il migliore dei mondi possibili? Quante volte abbiamo sostenuto che viviamo in un Paese dove spesso il sistema normativo sembra quasi “remare contro” chi vuole mantenere viva un’attività, chi si assume un rischio d’impresa, chi scommette sulle proprie capacità? E quante volte abbiamo criticato i meccanismi dei controlli cui le aziende sono sottoposte, specie perché tanti di essi si potrebbero risparmiare se la pubblica amministrazione cominciasse a scambiarsi i dati già in suo possesso?

Ebbene: di recente, e stavolta come fatto positivo, abbiamo constatato che proprio i procedimenti incrociati di verifica amministrativa sono andati finalmente a colpire – nell’azione condotta da Inps e Guardia di Finanza – un bersaglio sacrosanto, ovvero la platea di quei “furbetti” che godevano del Reddito di Cittadinanza senza averne alcun diritto. E la parola “furbetti” è in questo caso più che mai un eufemismo, soprattutto perché tra di essi c’erano pure dei soggetti fuorilegge. 

Per quanto ci riguarda, non ci siamo mai stancati di ripetere che il Reddito di Cittadinanza aveva fallito i suoi obbiettivi di salvaguardia sociale e di avviamento occupazionale perché, così com’era stato strutturato, aveva finito col favorire l’improduttività, quando non il lavoro nero. Insomma, c’è stato chi preferiva starsene comodamente sul divano, tanto qualche soldo arrivava lo stesso, e chi arrotondava l’assegno mensile con lavoretti abusivi, senza controlli, sottraendo possibilità di guadagno alle aziende che pagano regolarmente tasse e contributi, danneggiando inoltre l’erario, la previdenza. 

E il paradosso è che, mentre c’era gente che trovava più comodo rimanere inoperosa sfruttando questo distorto concetto di solidarietà collettiva, le nostre imprese erano (e sono) alla continua ricerca di personale.

Ora, per il 2022 le regole del Reddito di Cittadinanza sono previste più stringenti, vedi tagli progressivi o la perdita del beneficio in caso di rifiuto dell’offerta di impiego, insieme a misure che rendono economicamente più conveniente andare a lavorare che non restare a casa. Inoltre, lo stesso premier Draghi ha annunciato controlli sempre più oculati sul diritto all’Assegno di Cittadinanza, per evitare abusi e ostacoli al funzionamento del “vero” mercato del lavoro.

Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Perché, come abbiamo ribadito anche alla nostra Assemblea Soci, l’originale formulazione del Reddito di Cittadinanza era un modello sociale particolarmente dannoso in quanto diseducativo. Ma soprattutto perché il reddito e il lavoro lo creano le aziende, non l’assistenzialismo; quindi, da un lato c’è semmai bisogno di politiche economiche che incoraggino chi fa l’imprenditore o aspira a diventarlo, e dall’altro di una riforma del welfare che provveda in altri modi ad aiutare le persone davvero in difficoltà. Persone che – vedi le statistiche Caritas sulla povertà – hanno altre esigenze che non truffare lo Stato. 

 Un’ultima considerazione la riserviamo a un’idea che parla soltanto la lingua del buonsenso e che, proprio per questo, se anche venisse presa in considerazione (come è venuto in mente a qualche sindaco), forse non troverebbe facile applicazione. L’idea è questa: prevedere che i percettori del Reddito di Cittadinanza trovino almeno il modo di ripagare quello che lo Stato fa per loro impegnandosi a svolgere qualche lavoro “socialmente utile”. La lista delle mansioni da affidare è, ovviamente, infinita. E potrebbe esservi collegato un momento di formazione che, chissà, per i soggetti coinvolti potrebbe tornare buono ai fini di un domani professionale. È un suggerimento semplice, cui i legislatori a suo tempo non hanno pensato, preferendo inventarsi astrusità fallimentari come le figure dei “navigator”, che dovevano guidare chi era alla ricerca di un’occupazione mentre percepiva il Reddito di Cittadinanza. Ora, quel compito sarà svolto dalle Agenzie per il lavoro professionalmente certificate, che se non altro conoscono il territorio e le sue esigenze. E la beffa finale è che adesso anche quei 2.500 “navigator” dovranno trovarsi un nuovo impiego.