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RAPPORTO 2013 ARTIGIANATO E PICCOLE IMPRESE CONFARTIGIANATO VENETO – L’EXPORT CI SALVERÀ?

È una domanda ricorrente, che rimbalza dai tavoli degli analisti ai confronti tra imprenditori: l’export ci salverà?
«Non ho dubbi – commenta Giuseppe Sbalchiero, presidente di Confartigianato del Veneto, a conclusione della presentazione del Report 2013 sulla piccola impresa in regione – che le nostre aziende stanno dimostrando una straordinaria vitalità proprio sul versante della capacità di guardare oltre confine».

«In questo le imprese artigiane sono sorrette da due elementi che emergono con chiarezza dal report: la flessibilità, sia in termini di prodotto,  che di processo, e l’abilità di mettersi insieme, di fare rete, anche se spesso ciò avviane in maniera informale e magari poco strutturata».
«La piccole imprese venete vanno all’estero molto di quello che si possa immaginare – continua Sbalchiero – ma non credo che, per quanto rilevante, l’export, da solo, sarà sufficiente a farci uscire pienamente dalla crisi. Necessariamente dovranno ripartire anche i consumi interni, l’economia di casa. Per questo sarà decisivo il ruolo della politica, che su tale versante vediamo ancora incerta, incapace di rappresentare autenticamente le aspettative degli imprenditori».
«Dunque dobbiamo lavorare su due punti decisivi – conclude il presidente FRAV-: il rafforzamento della capacità delle nostre aziende di affrontare i mercati stranieri e la “pressione”, costruttiva e non certo soltanto “di pancia”, per fare in modo che il nostro paese  cambi veramente, soprattutto sul piano del sostegno all’impresa».

Secondo una recente rilevazione ISTAT sulle strategie adottate dalle imprese per affrontare la ripresa, il Veneto risulta la prima regione in Italia per quota di imprese orientate a nuovi mercati: strategia adottata dal 26,1% delle imprese contro il 22,2% della media nazionale. Le nostre aziende stanno affrontando il sentiero che porta alla ripresa mettendo in evidenza un approccio strategico offensivo, basato sulla diversificazione di prodotto e di mercato. Una propensione “naturale” all’export che si traduce in performance di vendita nonostante tutto lusinghiere.

Ma potrà il solo export salvare la nostra economia?
Innanzi tutto è in mutazione la destinazione delle nostre merci.
Il Veneto, tra il 1 semestre 2013 e quello del 2012, ha incrementato le esportazioni del +1,1% toccando la soglia dei 26 miliardi di euro, per il 97,2% dovuti al manifatturiero. Che risulta però imputabile unicamente al traffico extra UE 27 (+5,8%). In leggera contrazione è parso invece l’export verso i Paesi intra UE.
Il Veneto è la seconda economia esportatrice del Paese: nel primo semestre del 2013 il 13,3% del made in Italy arriva da imprese localizzate nel Veneto; queste operano in un mercato globale in cui aumentano le distanze e i mercati extra UE acquistano un peso crescente: La Germania, destinataria del 13,3% delle nostre produzioni resta saldamente al comando tra i Paesi in cui vanno le nostre esportazioni, come l’UE assorbe ancora la maggioranza assoluta, 56,1% dell’export veneto. Ma è anche vero che, per i prodotti manifatturieri, il vecchio continente registra una contrazione del -2,3% mentre le esportazioni extra UE sono in aumento di +5,8% rispetto al medesimo semestre 2012. Le esportazioni nei Paesi al di fuori dell’Unione Europea costituiscono meno della metà (il 43,9%) delle esportazioni venete, ma hanno pesato per i due terzi (66,4%) dell’incremento dell’export tra il 2010 e il 2012.
L’esposizione alla concorrenza internazionale dell’economia veneta avviene, quindi, in un contesto in cui le filiere produttive si allungano e la regolamentazione in essere non consente una piena tutela del made in Italy. Questi fattori nascondono delle forti criticità in una regione in cui si incrocia una vocazione alla subfornitura tra le più alte in Italia e, dall’altra, una maggiore propensione alla delocalizzazione.

Il manifatturiero è il grande protagonista, in particolare i Beni strumentali, ovvero quei beni che vengono impiegati nei processi produttivi

I Beni strumentali, con 6.601,3 milioni di euro di valore, costituiscono un quarto (25,5%) dell’intero export del Veneto. La dinamica regionale segna una frazionale crescita rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso (+0,7%) ma, rappresentando il 14,4% delle esportazioni nazionali del settore, il Veneto resta saldamente al terzo posto tra le regioni italiane preceduto da Lombardia ed Emilia-Romagna, con una incidenza pari a 31,0% e 21,4% rispettivamente.
Sono 7.264 le imprese artigiane venete che lavorano in settori dei Beni strumentali; tra queste, 1.832 sono imprese di Macchinari ed apparecchiature n.c.a. (ovvero il 25,2% del raggruppamento) e contano 73.604 addetti. Una specializzazione quella veneta, fondamentale se si abbina al fatto che il saldo positivo del commercio estero italiano, a giugno 2013, è imputabile all’export dei Beni strumentali. L’attivo dei Beni strumentali –pari a 53.452 milioni di euro– costituisce circa i due terzi (64,8%) del saldo non energetico.

Sui mercati esteri le imprese venete pagano un gap sulla tassazione di 15,6 punti

Le imprese venete sono quindi attrezzate alla competizione ma il Sistema Paese non le aiuta. In particolare pesa come un macigno il gap fiscale.
Per capite quanto incide il gap della fiscalità sulla competitività delle imprese si è calcolato il “differenziale fiscale” utilizzando i dati nazionali sulla tassazione di impresa (total tax rate, espresso dal rapporto tra la somma di tutte le imposte e tasse pagate dall’impresa sui profitti, al lordo di tutte le tasse considerate) per stimare la tassazione del mercato di esportazione. Mercato costituito sia dall’offerta delle imprese della nazione che delle imprese estere che vendono su quel mercato.
Presi i primi 15 paesi di destinazione del made in Veneto, per ciascuna destinazione abbiamo evidenziato la tassazione sulle imprese domestiche e quella dei tre maggiori paesi di origine delle importazioni. Ad esempio, sul mercato più rilevante per l’export veneto, la Germania, le imprese venete competono con quelle tedesche ma anche con quelle di Olanda, primo paese di origine dell’import tedesco (con il 14,7%), con quelle di Francia (7,8% import tedesco) e della Cina (7,1% dell’import tedesco).
Emerge cosi che in Francia, il secondo Paese di destinazione dell’export veneto, il differenziale fiscale vale 5,5 punti e negli USA, il terzo Paese, sale  a 19,1 punti. Il mercato dove lo svantaggio competitivo fiscale delle imprese venete è maggiore è la Svizzera (4° paese di destinazione dell’export) dove vale ben 27,5 punti percentuali, seguito dal Regno Unito (5° paese di destinazione dell’export) dove vale 25,5 punti e dalle Polonia (13° paese di destinazione dell’export) dove è pari a 21,0 punti.
La media ponderata con le quote di export del Veneto sui 15 mercati più rilevanti evidenzia una tassazione sulle imprese concorrenti su mercati esteri di destinazione del made in Veneto del 50,2%, con un gap di 15,6 punti rispetto al 65,8% pagato delle imprese venete.
Lo spread di 15,6 punti del total tax rate si traduce, per il manifatturiero, in un maggiore costo fiscale di 1.930 milioni.