La Rubrica di questo numero è curata dall’avvocato Maurizio Camillo Borra dello Studio Legale Associato BBCZ.
È sempre consigliabile, prima di affrontare qualsiasi problematica societaria e di passaggio generazionale, coinvolgere i professionisti esperti in materia.
Confartigianato ha al suo interno tutte le professionalità per valutare insieme all’imprenditore la strada migliore, sia dal punto di vista civilistico che fiscale, oltre che collaborare con avvocati e notai per affrontare le problematiche da ogni punto di osservazione.
Una s.r.l. artigiana ha come soci al 50% ciascuno due coniugi che, essendo diventati anziani, intendono effettuare un ‘passaggio generazionale’ a favore dei due figli, i quali però intendono operare nella società solo qualche anno e poi cedere le quote a terzi.
I temi da affrontare sono di carattere (1) successorio, (2) di governance dell’azienda (3) fiscale.
Dal punto di vista successorio occorre tenere presente i due figli hanno i medesimi diritti, ma all’interno dell’azienda svolgono ruoli diversi. Il figlio Giovanni lavora nel reparto produttivo e gestisce le relazioni commerciali con i clienti, mentre la figlia Silvia presiede la parte amministrativa e il marketing. Giovanni pretende di avere il 51% delle quote sociali, perché ritiene di essere il vero erede del padre. Silvia è d’accordo, ma vorrebbe in cambio una somma di denaro oppure un immobile a bilanciare le sue minori quote societarie. I due fratelli non trovano un accordo. Silvia propone di redigere e firmare un patto con cui si stabilisce che le decisioni importanti (come per esempio la vendita dell’azienda o acquisti immobiliari) devono necessariamente essere presi all’unanimità. Giovanni accetta la proposta, rimanendo però sulla posizione di avere il 51% delle quote sociali e, a sua volta, propone alla sorella di assumerla come lavoratore dipendente, essendoci tutti i requisiti di legge per la subordinazione, avendo loro due nuclei famigliari distinti, mentre sarà lui ad assumere il ruolo, certamente più rischioso sia a livello di responsabilità che a livello economico, di amministratore unico. Tutto ciò al fine di pesare correttamente la minore percentuale di possesso della società in capo a Silvia. Formalizzano dunque l’atto di donazione delle quote dai genitori ai figli, con il quale viene donato il 51% a Giovanni e il restante 49% a Silvia, cui viene allegato un patto parasociale per regolare i rapporti interni tra i nuovi soci, come concordato. Successivamente l’intero consiglio di amministrazione esistente, composto da tutti e quattro, si dimette e si svolge una assemblea in cui Giovanni viene nominato amministratore unico e si delibera di assumere Silvia come dipendente.
In realtà emergono alcune problematiche:
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