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Mind Inclusion: i risultati del progetto e le nuove idee per l’inclusione sociale

Uno stimolo per fornire, attraverso progetti di sperimentazione, risposte all’inclusività, traducendole anche in servizi ‘su misura’ per gli utenti”.

Con le parole di Stefano Granata, presidente nazionale di Confcooperative Federsolidarità, si è aperto l’evento “moltiplicatore” del progetto Mind Inclusion 3.0, ospitato di recente a Venezia nel Palazzo Grandi Stazioni. Obiettivo dell’incontro, portare i risultati di un progetto che, nel corso dei tre anni del suo sviluppo, vuol essere un esempio di inclusione favorendo, appunto, la sua “moltiplicazione”.

EVIDENZE E OPPORTUNITÀ

Dalla mattinata di confronto tra le varie realtà coinvolte è emerso che l’inclusività sarà la cifra distintiva del prossimo futuro e che, superando obblighi di legge o sensibilità legate a dirette esperienze personali, coinvolgerà anche le aziende, chiamate ad attrezzarsi e prepararsi per affrontare questa sfida. Un percorso, hanno più volte ribadito i diversi relatori, che al momento si muove proponendo ‘sperimentazioni’ facendo leva su progetti e idee che uniscono varie competenze in materia. In questo senso va anche l’appello ai giovani che vogliono mettersi in gioco, innovando in un settore che rischia la standardizzazione e una gestione di mera natura “normativa burocratica”.

Per cambiare rotta servono perciò nuove idee, progetti trasversali, ma anche rivedere percorsi di formazione che permettano nuovi approcci. Un esempio lo ha portato il professor Cristian Leorin (Associazione Novilunio APS & Università di Padova) raccontando come, in un cambio di prospettiva, nelle sue lezioni e negli incontri dedicati alla disabilità intellettiva egli porti persone con tali disabilità, proprio perché solo loro possono dire le difficoltà che incontrano e ciò di cui hanno bisogno. Un cambio di prospettiva che permette un coinvolgimento attivo dei soggetti.
In ottica di inserimento lavorativo, come spiegato da Erica Fazzini di Social IT srl, che ha dato vita a JobAut, questo significa spostare il focus sulle capacità delle persone con disabilità intellettive, piuttosto che concentrarsi sui loro limiti. In progetto JobAut, ad esempio, permette un coaching facendo incontrare l’offerta e la domanda di lavoro, dove l’offerta permette anche di guardare in prospettiva a un progetto di vita e quindi favorire la comunicazione dei – e con – soggetti con disabilità. Spesso, infatti, il problema è proprio la comunicazione: difficile per i soggetti con disabilità, difficile per chi deve rapportarsi con loro in mancanza di adeguata preparazione.
Ed è questo uno degli ostacoli principali per l’inclusività di tali soggetti nelle imprese.
Queste sono le premesse anche per il progetto Mind Inclusion 3.0, cofinanziato dal programma Erasmus+ tramite l’Agenzia Spagnola Sepie,che si propone l’ambizioso obiettivo di favorire l’inclusione delle persone con disabilità intellettiva nei luoghi pubblici, quando vi si recano in qualità di clienti. A tal fine, sei partner provenienti da Spagna, Romania e Italia hanno collaborato per tre anni sviluppando contenuti e strumenti mirati a raggiungere questo scopo. In Italia, il progetto è stato portato avanti da Cooperativa Margherita di Sandrigo, Confartigianato Vicenza (che ha coinvolto il settore Ristorazione e Benessere) e Social IT.
Il punto di partenza, come raccontato dai referenti dalla Cooperativa Margherita, sono stati i bisogni degli utenti per individuare alcune linee guide per rendere la propria attività più inclusiva.
Tra i principali risultati del progetto figurano due piattaforme digitali: l’OLC e il MOOC. Entrambe ospitano risorse accessibili gratuitamente, rivolte a due target fondamentali per l’inclusione delle persone con disabilità: i professionisti del settore sociale e i gestori di spazi aperti al pubblico.
Cosa rende un locale inclusivo? Talvolta bastano piccoli accorgimenti (luci meno forti, musica più soffusa…), e saperlo o non saperlo può fare la differenza. La mancanza di conoscenza, accanto a quella del tempo e delle difficoltà pratiche, sono gli elementi che frenano le imprese su progetti e iniziative di piena inclusività.  La conoscenza delle sfumature della disabilità intellettiva, ma anche le diverse potenzialità dei soggetti, è il primo passo che le aziende possono compiere; poi va loro spiegato che aprirsi all’inclusività può essere un’occasione per differenziarsi e aprirsi anche a un tipo di clientela più sensibile, a parte la famiglia, gli amici e i conoscenti della persona coinvolta direttamente.

La giornata-evento, organizzata con il supporto della rete ENSA-European Network of Social Authorities, dopo il confronto della mattinata ricco di spunti e riflessioni, è proseguito con tre tavoli di lavoro tematici: Democrazia Inclusiva in Azione: promuovere la partecipazione locale delle persone con disabilità intellettive; Co-progettare opportunità di apprendimento con le persone con disabilità; Co-design in pratica: lavorare con le persone con demenza.
Ciò ha offerto numerosi stimoli, ma anche evidenziato quanto sia ancora necessario lavorare per abbattere le barriere, spesso invisibili, che ostacolano la piena integrazione delle persone con disabilità nel contesto sociale. Una riflessione ampiamente condivisa dai presenti è stata la necessità di rafforzare il coinvolgimento attivo delle persone con disabilità in tutti i processi di co-progettazione anche di quei supporti tecnologici (app, siti…) che possono facilitare l’inclusione.

Tra gli interventi che hanno illustrato ulteriori progetti in sinergia con gli obiettivi di Mind Inclusion 3.0. quello di Anthony Polychronakis, responsabile delle Relazioni Europee per le Politiche Sanitarie e Sociali presso il Dipartimento per lo Sviluppo Sociale della Città di Rotterdam, che ha presentato il progetto “Sacred”, dedicato all’inclusione di persone con demenza, disabilità cognitive e neurodivergenze (tema di progressiva attualità, considerata la crescente quota di anziani anche nel nostro Paesi); poi Camilla Vedovato (ALDA – Associazione Europea per la Democrazia Locale) ha richiamato l’attenzione sulla necessità di favorire la partecipazione ai processi democratici anche per le persone con disabilità; Zita Krastina (Irecoop Veneto) ha presentato una buona pratica di mobilità internazionale rivolta a persone con disabilità, e ancora Elisabetta Tonini (CSV) ha evidenziato l’urgenza di individuare soluzioni rapide ed efficaci per l’inclusione, coinvolgendo attivamente anche il mondo imprenditoriale.

Grazie alla conduzione di Annalisa Bisson, legale rappresentante della rete ENSA e direttore delle Relazioni Internazionali della Regione Veneto, insieme a Pierangelo Spano, direttore dei Servizi Sociali della Regione Veneto, i vari interventi hanno assunto un rilievo particolare, arricchendo il confronto e dando profondità al dibattito.

*Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L’autore è il solo responsabile di questa comunicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute