
La normalità del disordine: come le imprese vicentine affrontano crisi e cambiamenti
In tempi turbolenti come questi, artigianato e piccola impresa sono chiamati ad affrontare le sfide facendo leva sulle loro caratteristiche
Forse la definizione più azzeccata del momento che stiamo vivendo l’ha data proprio Confartigianato quando, lo scorso settembre, ha riunito a Roma i suoi dirigenti di tutta Italia in un convegno dedicato alla “Normalità del Disordine”. Ovvero, a come la piccola impresa può e deve affrontare questi tempi turbolenti – a cominciare dalla situazione geopolitica internazionale – restando sé stessa e, insieme, trasformandosi. Nell’articolo che abbiamo dedicato in questo numero di FareImpresa alla due giorni romana, potrete leggere una frase del presidente nazionale Confartigianato, Marco Granelli, assai significativa. E cioè che “in un tempo non lineare, disordinato, che richiede visione, responsabilità e fiducia”, proprio l’artigianato riveste un ruolo cruciale come punto di riferimento nella complessità, in quanto luogo dove “si trasmettono saperi, si costruisce comunità, si fa coesione sociale”.
E c’è anche di più: perché ogni piccola azienda, di qualsiasi settore, porta nel suo Dna la capacità di adattarsi, di cercare soluzioni alternative, collaborazioni inedite. Le sfide non mancano, e impegnative, ma nemmeno la volontà e le idee per affrontarle. Crescono i dazi di qua? Vuol dire che guarderò ad altri mercati. I costi energetici sono pesanti? Cerco chi mi può aiutare a trovare un fornitore più conveniente, magari rivolgendomi alla mia associazione. E così via, dal credito al digitale, dal “green” alla sicurezza sul lavoro, fino agli sbocchi commerciali.
Se i trend sono cambiati, come raccontano le ultime indagini, anche le imprese hanno modificato i loro orizzonti, puntando su quanto può differenziarle e renderle riconoscibili. Più volte si è detto che il Made in Italy è un brand intangibile, vincente e inimitabile: se ad esso si aggiungono altre leve, come l’innovazione e la sostenibilità, ne escono prodotti e servizi in grado di mantenere quote di mercato. Sono queste le carte che anche l’artigianato vicentino può giocarsi.
Gli ultimi dati elaborati dall’Ufficio Studi di Confartigianato, su dati Istat, rilevano che negli ultimi 12 mesi aggiornati allo scorso giugno (cioè luglio 2024-giugno 2025) le esportazioni manifatturiere vicentine ammontano a 22.224 milioni di euro. Nei primi sei mesi del 2025 l’export è calato così del -1,6% rispetto allo stesso periodo del 2024, un calo che resta in linea con il -1,5% registrato nel 2024. È una questione che riguarda tutti i settori, e che certamente impatta di più su alcuni comparti storicamente forti anche all’estero, come Oreficeria e Meccanica, ma che nessuna azienda può più ignorare. Come reagire? Le contromisure non ci mancano.
Flessibilità, resilienza, intelligenza nel ricercare le opportunità, creatività nell’innovare prodotti e servizi, stanno da sempre nella “cassetta degli attrezzi” di ogni artigiano anche perché, a pensarci bene, di fasi “tranquille” sui mercati non ce ne sono mai state, di crisi invece sì, e tante. Quello dell’imprenditore non è mai stato un mestiere facile, e lo sanno bene anche le tante donne e i tanti giovani che hanno affrontato e stanno percorrendo il sentiero del “mettersi in proprio”. Però, attenzione: oggi in provincia di Vicenza operano quasi 23mila imprese artigiane, che danno lavoro a oltre 60mila addetti. Sono cifre assai eloquenti, proprio perché testimoniano quanto e come questo settore fondamentale dell’economia abbia saputo resistere, anche nell’ultimo decennio, a tanti scossoni che parevano minacciarne l’esistenza stessa. E invece no: nella nostra terra, così come nel Veneto e nell’Italia intera, esiste una vocazione al “fare” che è patrimonio collettivo, e che anche nel “disordine” mondiale rappresenta una “normalità” in grado di evolversi continuamente.
Certo, dare consigli e suggerimenti a effetto sicuro non è facile, troppi e troppo veloci sono i cambiamenti che si cerca di interpretare nel presente per capire almeno l’immediato futuro. Ma una certezza c’è: il valore storico e dinamico del nostro sistema economico. Insomma: ripartiamo da noi stessi, da quelle che sono le nostre caratteristiche e da come abbiamo sempre saputo sfruttarle.
E, a proposito di futuro, occhi puntati sempre sui giovani, che vanno motivati e stimolati a comprendere che il tessuto produttivo del Paese, e quindi la sua ricchezza e il suo benessere, passa anche attraverso il loro contributo. Se da un lato le imprese devono capirne le mutate esigenze e fornire buoni motivi per cui entrare in azienda e rimanerci, dal canto loro le nuove generazioni devono crescere nella consapevolezza che possono trovare un futuro anche rimanendo in Italia, a patto di mettersi in gioco, impegnarsi, contribuire alla crescita con il loro entusiasmo. È anche una questione di responsabilità reciproca tra vecchie e nuove generazioni, perché il rischio è un impoverimento tanto delle une che delle altre.
Quello che di certo può fare in questo momento Confartigianato è restare in ascolto, capire quali sono le mutate e mutevoli esigenze delle imprese, quali i temi che le preoccupano, cercando di offrire supporto operativo e chiavi di lettura di questo disordine che diventa normalità.

Hanno collaborato a questo numero:
Marco Amendola, Nicola Carrarini, Valter Fabris, Sara Ferretti, Sandra Fontana, Sabrina Nicoli, Matteo Pisanu, Francesco Pizzato, Marina Rigotto, Valentino Varotto.
Direttore responsabile: Antonio Stefani
In redazione: Valentina Celsan, Stefano Rossi
Contributi multimedia: Corrado Graziano, Davide Samadello, Federica Vencato
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