Il segreto del figlio spiegato da Massimo Recalcati
Primo appuntamento della Scuola per Genitori edizione 2025. Al Teatro Comunale sono arrivati in tanti per la serata con Massimo Recalcati, psicoanalista, con esperienza ‘sul campo’ come analista, docente universitario e autore di numerosi testi di successo. Recalcati ha raccontato ‘il segreto del figlio’ e cosa possano fare i genitori per permettere una crescita ricca di desiderio e di slanci per i ragazzi. Ecco un sunto della serata.
Alcune riflessioni
Secondo Sigmund Freud, fare i genitori è un “mestiere impossibile”, perciò i genitori sono votati inevitabilmente all’errore e al fallimento. Ogni genitore si barcamena in lidi sconosciuti senza una bussola. E’ nell’ordine delle cose. Ma c’è una buona notizia: i migliori genitori sono consapevoli della loro fallibilità (dei loro limiti) i peggiori invece sono quelli che si pongono come esempio esemplare, come ideali da perseguire anche dai loro figli. In quest’ultimo caso, più un genitore si presenta come ‘ideale’ più genera nei figli inibizione, frustrazione, e ne blocca qualsiasi ricerca di un proprio io-ideale (non si sentirebbe in grado di reggere la concorrenza). Quindi il consiglio è sempre di volare basso, di rimanere fallibili e umani.
Il nostro tempo non riflette sulla differenza tra regole e legge, pensa siano sinonimi. Anzi pensa che l’educazione coincida con la sua regolazione. Quindi sin da quando sono piccoli dei figli si regola il sonno, l’appetito, la socializzazione. Si confondo educazione con regolazione, nella convinzione, errata, che esistano ‘regole’ valide per tutti e per tutto. E’ una pura illusione. E basta pensare a come fratelli/sorelle siano diversi pur crescendo con gli stessi genitori e le stesse regole. Ogni figlio quindi è diverso, ognuno è figlio ‘unico’ perché tale è agli occhi di mamma e papà, nel loro modo di amarlo ma anche di ‘detestarlo’. Educare con regole buone per tutti è impossibile.
Ma cos’è una regola? È un impedimento esterno che seleziona e agisce su un comportamento che gli adulti ritengono non adeguato (in due parole il ‘non comportarti così’). La regola serve? Sì, ma entro certi limiti. Ogni famiglia si detta le sue piccole regole che, per essere efficaci, devono essere poche. E qui apro una parentesi sull’alimentazione. Regolare l’alimentazione scatena problematiche alimentari più avanti. Wincott diceva che attraverso l’alimentazione una bambina mette alla prova l’amore dei genitori: amate me o cosa/quanto mangio? Lasegue nel 1873 spiegò che “L’eccesso di insistenza provoca un eccesso di resistenza”. Di fronte alle continue esortazioni ‘studia’, quali risultati abbiamo? Spesso l’insuccesso scolastico. E se invitiamo più volta a mettere in ordine? L’aspetto della cameretta non cambia. L’insistenza ‘mangia’ verso una/un bambina/o inappetente da piccola/o può portare a disturbi alimentari in adolescenza.
Perciò: più i genitori insistono nel selezionare comportamenti più si ottiene (l’esatto) contrario.
Quindi: ridurre al minimo le regole che di per sé non ‘educano’.
La vera educazione, infatti, ha a che fare con la legge. La legge non è un impedimento esterno, non è di diritto, ma è incisa nel cuore del figlio. Quanto più riusciamo a ‘scrivere sulla viva carne del cuore’ le leggi tanto più abbiamo un effetto educativo. E la legge più importante e fondamentale è quella ‘dell’impossibile e del non tutto’. Che vuole dire? Vuol dire che (caro figlio) non puoi avere tutto, non sei tutto (perché altrimenti si uccide il rapporto con l’altro), non puoi pretendere tutto.E più questa legge è scritta nel cuore più si accende ‘il desiderio’ di raggiungere risultati, di essere con sé stessi e con gli altri. Questo è il vero effetto educativo: ‘trasmettere’ l’eredità del ‘non tutto’, altrimenti alimentiamo illusioni.
Sta in questa logica delle cose anche qualche piccola trasgressione (tipo un piccolo ritardo del rientro a casa… preoccupiamoci se sono troppo ligi…) ma si deve aver bene chiaro che c’è qualcosa di più forte del sapere e del proprio bene.
Il desiderio quindi viene dal ‘non tutto’ dall’esperienza della mancanza. Se nei nostri figli vediamo questo slancio del desiderio allora abbiamo ‘fatto educazione’. Oggi invece sono troppi i figli apatici, frivoli, una generazione colpita depressione epidemica. La depressione è lo spegnimento della vita, la flessione dell’umore, dovuto al declino della vita, non a caso ne soffrono in forme più o meno evidenti gli anziani ed è in qualche modo ‘naturale’. Accade oggi che a essere depressi sia una fascia di popolazione che si trova nel culmine della vita, in un periodo che non dovrebbe essere segnato da depressione ma da slanci. E questo perché? Ce lo chiediamo? Eppure hanno libertà, anche di movimento, mai conosciute dalle precedenti generazioni.
Questo accade forse perché non riusciamo più a trasmettere ai nostri ragazzi la forza del desiderio?
Davanti a tante opportunità e offerte dimentichiamo la cosa più importante: cosa accende la vita di mio figlio, qual è il suo interesse, come posso alimentarlo.
Il desiderio non va equivocato con il capriccio, la trasgressione alla legge (occhio in questo caso che si rafforzano le regole si alimenta la trasgressione). Il desiderio è una cosa diversa: è vocazione, una passione costante di cui ‘ne va la vita’ (come disse il pittore Morandi di fronte alla prospettiva di non dipingere per raccogliere l’eredità familiare). Il desiderio insiste, è ostinato, non è un capriccio che per sua natura è passeggero.
Affinché si manifesti il desiderio si devono avere tre condizioni.
La prima: la legge ‘del non tutto’ di cui sopra.
La seconda: I genitori non devono avere desideri sui figli. Non c’è niente di peggio infatti che vivere la vita di un altro, di cercare di realizzare il sogno di un altro, o esaudire le aspettative degli altri. In questo senso è illuminante al parabola del figliol prodigo. Il figlio dice ‘dammi l’eredità’ (dammi è oggi il verbo più usato dai nostri figli) e il padre gliela consegna e gli dice vai e fai la tua vita. Il padre fa un grande atto educativo: permette al figlio di fare la propria strada, ne conosce il segreto, anche se non lo comprende. Un grande atto d’amore perché è troppo semplice amare i figli quando ci assomigliano, più difficile quando sono diversi da noi. In questi casi scatta uno di questi pensieri: ‘Lo amo perché è così lontano da me’, o ‘Lo amo nonostante sia così diverso da me’?
I figli difficilmente coincidono con l’attesa narcisistica dei genitori. Diciamo, con un sorriso, che ogni figlio ‘ci tira un dibone’, ma lo amiamo anche per questo, per il suo disordine, per la sua divergenza da noi, perché non è perfetto (la perfezione dovrebbe preoccupare di più…).
La terza: I genitori hanno il ‘compito’ di testimoniare (che non è raccontare anche perché i figli detestano ‘sentir raccontare’) che la vita può generare gioia e desiderio. Se vede negli occhi dei genitori perenne rassegnazione come può in lui accendersi il desiderio?
Ci sono due imposture nell’educazione: quella delle regole già vista e quella del dialogo (a tutti i costi). Il dialogo con i figli è impossibile e non modifica il comportamento. So che i genitori sono interessati a fare conversazione con i figli, e qualche volta accade ma poi torna tutto come prima, ma sono loro che non voglio. Allora bisogna condividere l’incondivisibile, riconoscere il segreto del figlio e accoglierlo, trasmettere desiderio (anche nelle coppie ci devono essere spazi ‘non condivisi’ che sono salutari).
Dopo di chè: la vita dei nostri ragazzi non si riduce dentro al recinto della famiglia. La nostra, come la loro, è fatta di incontri, positivi e negativi, e molti di essi ci fanno ciò che siamo. Anche una maestra, un amore, un allenatore può testimoniare il ‘desiderio, ma il primo esempio arriva sempre da dentro casa.