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Esoscheletri occupazionali per lavorare sicuri e in salute

Tecnologie abilitanti – e indossabili – che aiutano i lavoratori nelle occupazioni in cui sono richiesti movimenti pesanti e/o ripetitivi: ecco cosa sono gli esoscheletri.

In natura gli esoscheletri sono strutture esterne, più o meno rigide, che ricoprono il corpo di animali proteggendoli. Anche nel caso di quelli utilizzati dagli “umani” il principio è quello della protezione, in questo caso dai Disturbi Muscolo Scheletrici (DMS) correlati al lavoro che riguardano schiena, collo, spalle, arti superiori o inferiori, e si manifestano spesso con piccoli malesseri e dolori di lieve entità fino ad arrivare a condizioni mediche più gravi, che costringono all’assenza dal lavoro per dedicarsi alle necessarie cure mediche. Nei casi peggiori, i DMS possono addirittura portare a diversi gradi di disabilità o alla necessità di abbandonare il lavoro. 

Allo studio e perfezionamento di queste “tecnologie che si indossano” si stanno dedicando enti, centri di ricerca e imprese, per realizzare ausili in grado di permettere agli addetti di lavorare bene e meglio, in maggior sicurezza, e di avere tempi di riposo e recupero che siano veramente tali. Il mercato degli esoscheletri da quest’anno si sta aprendo anche con l’integrazione di altri moderni dispositivi per facilitare le attività lavorative quotidiane, soprattutto nel contesto occupazionale italiano, in cui l’età media dei lavoratori tende a salire come evidenziano i dati demografici.

Dalla parte delle imprese

“Gli esoscheletri non vanno certo a sostituirsi all’essere umano, ma lo mettono nelle condizioni di svolgere le proprie mansioni meglio, bene e con minor ‘carico’ fisico – spiega Christian Veller, vicepresidente di Confartigianato Imprese Vicenza nonché presidente del Sistema Imprese per la Trasformazione Digitale-. Si tratta di strumenti di facilitazione che potenzialmente riguardano, più che uno specifico settore produttivo, la tipicità del lavoro, e quindi interessano trasversalmente diversi settori, pure nel mondo artigiano. Ed è anche attraverso dispositivi come questi che l’azienda compie passi importanti verso la modernizzazione del lavoro, anche come ‘miglior modo di lavorare’.”  

Non a caso la Commissione Europea ha pubblicato il rapporto “Industria 5.0. Verso un’industria europea sostenibile, umanocentrica, resiliente”, cui potrebbero seguire piani di investimenti sul benessere e qualità nei luoghi di lavoro sull’esempio del piano Industria 4.0. Inoltre, queste tecnologie sono la testimonianza concreta di come centri di ricerca e imprese possono, e debbano, interagire in maniera sinergica per favorire l’innovazione del lavoro e delle imprese, ribadendo l’importanza di un continuo scambio e contatto tra mondo della formazione e quello produttivo. 

I dispositivi abilitanti, come appunto l’esoscheletro, rappresentano una tecnologia agli esordi, con un mercato guidato da pochi produttori e molti prototipi, ma sono destinati a evolvere in declinazioni molto diverse tra loro e che si adatteranno a tutte le diverse tipologie di attività manuali. Il mercato nei prossimi anni sarà quindi popolato da varie gamme di “esoscheletri occupazionali”, in versioni “total body” o destinate a specifiche parti del corpo, che si caratterizzeranno ulteriormente con meccanismi di funzionamento attivi o passivi.  

Il costo medio per questo tipo di tecnologia varia in base al modello e alla tecnologia utilizzata: in ogni caso va inteso come un investimento, considerati i benefici, piuttosto che un costo per l’impresa, senza contare che gli esoscheletri occupazionali rientrano a pieno titolo tra le spese di Innovazione e Industria 4.0. e che la loro adozione può incidere anche sui premi Inail.

“A fronte di un lavoro pesante, infatti, non solo non si trovano lavoratori, ma quelli occupati possono dover assentarsi frequentemente per problemi muscolo-scheletrici – continua Veller -. Se si pensa che in una micro-piccola azienda un lavoratore rappresenta in media il 25% della forza lavoro, si capisce quanto un’assenza incida sul ritmo lavorativo dell’azienda e sul peso a carico degli altri lavoratori, dovendo distribuire il lavoro di chi è assente”.

La parola agli esperti

L’occasione di toccare, vedere e provare queste nuove tecnologie è stata offerta da un convegno sul tema organizzato dal DIH (Digital Innovation Hub) della Confartigianato vicentina e realizzato con il contributo della Camera di Commercio di Vicenza e di EBAV (Ente Bilaterale Artigianato Veneto). Sono stati infatti presentati esoscheletri passivi MATE-XT destinati agli arti superiori, un modello tra i primi immessi in commercio e prodotto da un’azienda italiana, Comau Spa (Gruppo Stellantis), che ha finora sviluppato due modelli per gli arti superiori e ne ha ora in produzione un terzo destinato agli arti inferiori.  

“Il DIH e la Confartigianato di Vicenza – ha spiegato nell’occasione Elisa Stivan della startup vicentina d.EO – stanno supportando da diversi anni i propri associati nell’approfondire le tematiche legate agli esoscheletri, e questo è estremamente promettente. Il fatto che le organizzazioni italiane stiano continuando ad agire per migliorare la vita quotidiana dei lavoratori dimostra quanto è importante per il tessuto imprenditoriale continuare a innovarsi, combinando in un’unica soluzione l’ambiente della sicurezza con l’ambiente tecnologico”.